sabato 23 settembre 2017

INTERVISTA A KRISTINA GROZEVA E PETER VALCHANOV AUTORI DI GLORY - NON C’E’ TEMPO PER GLI ONESTI

Locarno 69. Abbiamo intervistato Kristina Grozeva e Petar Valchanov, registi di "Glory - non c'è tempo per gli onesti", presentato nel concorso internazionale del 69° Festival del Film a Locarno., dicui èpoi risultato vincitore. Secondo film della trilogia aperta da "The Lesson", presentato Italia nel corso della scorsa stagione, "Glory" sarà distribuito il prossimo anno nelle nostre sale da I Wonder Pictures. Questo è quello che ci hanno raccontato.

La parola che dà il titolo al vostro film significa "Gloria". Me ne potete spiegare la genesi?
La gloria è quella che ottiene Petrov quando diventa una specie di eroe nazionale per aver fatto semplicemente il proprio dovere. Come spesso accade la scelta di un titolo ha sempre più di un significato.e perciò avendo scritto il termine con lettere minuscole volevamo alludere alla caducità di quel riconoscimento, destinato a trasformarsi in qualcosa di negativo per lui. Che è poi la stessa cosa che accade a Julia, l'altra protagonista della storia quando gli succede di subire il contraltare del successo ottenuto con il suo lavoro. Il titolo in realtà allude alla precarietà dei riconoscimenti che ad un certo punto il mondo esterno tributa ai due protagonisti.

In che misura il vostro film è ispirato a fatti realmente accaduti?
A ispirarci è stata ciò che è capitato a un ferroviere, il quale dopo aver restituito allo stato una grassa somma di denaro trovata per caso diventa un eroe nazionale. Da qui abbiamo ampliato il nucleo centrale della narrazione con altri episodi realmente accaduti che ci permettevano di mostrare in che modo lo stato si serve di questi eventi per distogliere l'attenzione dai problemi del paese e in particolare dalla diffusione della corruzione che in Bulgaria è uno degli argomenti più discussi sui giornali e nelle televisioni.


Parliamo degli attori: come li avete scelti?
Margita Gosheva e Stefan Demolyubov avevano lavorato con noi in "The Lesson", il primo film della nostra trilogia ed è pensando a loro che abbiamo scritto la sceneggiatura. Il fatto di dover recitare ruoli opposti a quelli del film precedente è stata una sfida per noi e per loro. Gli altri attori invece sono giovani registi a cui abbiamo assegnato il resto dei ruoli perchè pensiamo che essendo abituati a dirigere gli attori nessuno meglio di loro fosse in grado di raggiungere il livello di recitazione che desideravamo. Tra l'altro in Bulgaria sta succedendo che tutti gli attori vogliono diventare registi. Nel nostro piccolo siamo andati contro corrente.

Il film è diviso in due sezioni: la prima è grottesca e involontariamente comica, mentre la seconda si rivela cruda e drammatica. Scrivendo la sceneggiatura ricercavate questo effetto oppure è una cosa che vi è venuta in mente nel corso della stesura?
Quello che dici è vero, anche se bisogna dire che per noi la sceneggiatura è solo il punto di partenza di un processo che si modifica durante le riprese grazie al contributo degli attori ai quali chiediamo di intervenire nello sviluppo dei rispettivi personaggi. Tieni conto che entrambi ammiriamo registi come Ettore Scola e Mario Monicelli proprio per la capacità di saper utilizzare  all'interno dello stesso film emozioni di segno opposto.

Accennavi alla direzione degli attori che in "Glory" sono a dir poco strepitosi. Come avete fatto a fargli raggiungere i risultati che vediamo sullo schermo?
Di sicuro privilegiamo la spontaneità e per ottenerla siamo disposti anche di mettere in discussione la sceneggiatura che per noi non è intoccabile ma al contrario fa solo da apripista a quel qualcosa di imponderabile che ricerchiamo durante le riprese. In questo senso preferiamo girare con ampio uso di long take perché vogliamo che gli attori abbiano lo spazio per muoversi liberamente e per improvvisare.

Sempre per quanto riguarda il set ti volevo chiedere quanti ciak impiegate in media per arrivare alla sequenza perfetta.
Non c'è una regola, però non amiamo ripetere molte volte la stessa scena; crediamo che cosi facendo si eviti che gli attori si stanchino e finiscano per smarrire la spontaneità che ricerchiamo. In ogni caso per rispondere alla tua domanda può capitare che vada bene la prima scena e comunque generalmente non ne facciamo più di dieci. Se poi ci accorgiamo fuori tempo massimo che qualcosa non funziona cerchiamo di correggerlo in fase di montaggio.

Il finale aperto si rivela un colpo a effetto che spiazza lo spettatore e lo destabilizza.
Era importante lasciare gli spettatori con i loro pensieri senza dargli delle indicazioni precise rispetto a quello che avevano appena finito di vedere. A noi piace che si rimanga con delle domande e che il pubblico secondo la propria sensibilità cerchi di darsi delle risposte. In tal modo lo spettatore diventa costrittore della sceneggiatura fino al punto di decidere quale sia la conclusione migliore. Coinvolgere chi guarda e farlo pensare è una delle funzioni dell'arte.

Uno degli aspetti fondamentali per la riuscita del film è il ritmo con cui la storia si mantiene desta e accattivante senza far pesare allo spettatore i momenti in cui la narrazione si fa più riflessiva. Tu (Petar Valchanov), oltre alla regia ti occupi del montaggio e quindi è scontato che io ti chieda qualcosa a riguardo.
È esattamente quello che hai detto perché la mia preoccupazione è quella di assicurare che i contenuti del nostro film riescano a raggiungere lo spettatore evitando quegli appesantimenti che non ci avrebbero consentito di raggiungere l'obiettivo. Il ritmo del film credo che ci abbia permesso di ottenere il nostro scopo senza perdere nulla in termini di profondità e di chiarezza.

Come registi, chi fa cosa?
Inizialmente Petar si occupava maggiormente degli aspetti tecnici e io privilegiavo il lavoro con gli attori. Adesso penso che le cose siano più uniformi e tutto accade spontaneamente. L'importante è che ci sia uno che comandi (ride, ndr) se no si rischia di mandare in confusione i nostri collaboratori. Condividere le responsabilità ci rende più leggeri e quindi maggiormente creativi. Inoltre quando sono sola, e mi è successo recentemente, mi diverto di meno quindi ben venga il nostro modo di lavorare.

Qual è il cinema e i registi che hanno ispirato il vostro lavoro?
Principalmente i film e i registi del vostro Neorealismo. Poi John Cassavetes non solo perché il metodo con cui dirigeva gli attori è quello a cui ci ispiriamo, ma anche perché il suo era un cinema che si occupava di relazioni umane che è quanto vorremmo fare anche noi attraverso i nostri lungometraggi.
Carlo Cerofolini
(pubblicato su ondacinema.it)

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