Il primo re
di Matteo Rovere
con Alessandro Borghi, Alessio Lapice
Italia, 2019
epico, storico
durata, 127’
753 A.C.. Alba è la città più forte del Lazio e governa i suoi territori attraverso la paura e la schiavitù che utilizza come strumento di controllo. Il Tevere è alle prese con periodiche esondazioni che trasformano le campagne in palude e che costringono gli uomini ad una vita nomade o semi-sedentaria all’interno delle foreste.
Roma è soltanto un nome inventato senza significato e poco più: una speranza di libertà, un utopico luogo a cui destinare le preghiere di un popolo disperato. Ancora per poco però.
“Il primo re” è l’ultimo film di Matteo Rovere – al cinema tre anni fa con “Veloce come il vento” – e come si può intuire facilmente dal titolo è la trasposizione cinematografica dell’ascesa dei due gemelli più famosi della storia: Romolo e Remo.
Separati dalla nascita dalla madre ma legati da un vincolo di sangue fraterno indissolubile, i due sono dei semplici pastori erranti che vivono alla giornata e che si ripetono come un mantra che prima o poi troveranno il loro pezzo di terra dove mettere le proprie radici.
Il film si limita a due soli accenni al passato dei fratelli, lasciando spazio più ai personaggi e alle loro diversità caratteriali che alla leggenda che li avvolge. Aspro di dialoghi nella prima parte (ma fortemente carico di simboli e significati), man mano che trascorrono i minuti si intravede sempre più con maggiore chiarezza il quadro che il regista ha disegnato per lo spettatore, dove religione e potere finiscono per legarsi a doppio filo l’uno con l’altro.
In tal senso il background letterario ed epico ne è la prova: la narrazione è governata dalla tradizionale contrapposizione alla base del mondo classico tra la PIETAS (umiltà e devozione alla volontà degli dei) simboleggiata da Romolo ed il peccato di UBRIS di Remo, uomo moderno che non affida il proprio destino agli dei ma crede nel libero arbitrio.
Un gioco di conflitti, di evoluzioni e di cambiamenti, con il loro legame di sangue che sarà strumento di difesa nel momento di bisogno e arma fratricida quando il dolce gusto del potere avrà inebriato la mente di Remo.
Alessandro Borghi è un prodotto che funziona, sia cinematograficamente parlando che a livello di incassi, e su questo non c’erano dubbi. Un plauso maggiore questa volta va a lui e agli altri membri del cast se si pensa che tutto viene recitato in protolatino, lingua antecedente del latino arcaico…scelta difficile ma che sicuramente dà un tocco di originalità in più al racconto.
La vera sorpresa è però l’ottimo Alessio Lapice (conosciuto ai più per aver interpretato Alfredo Natale nella seconda stagione di “Gomorra”), alle prese con un personaggio difficile che inizialmente sembra essere destinato ad un parte quasi da sparring-partner al più esperto Borghi, ma che in realtà sarà l’ago della bilancia nel finale per decretare il destino dei due gemelli ed il successo cinematografico del loro conflitto.
Un film d’autore che non delude ma che francamente non lascia senza fiato.
Lorenzo Governatori
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