Hereditary- Le radici del male
di Ari Aster
con Tony Colette, Alex Wolff, Gabriel Byrne
USA, 0218
genere, thriller, horror
durata, 126'
Per essere un horror "Hereditary - Le radici del male" è un film in cui la presenza della mdp è resa in maniera più evidente di quanto ci hanno abituato le produzioni americane. Nella sequenza introduttiva, per esempio, partendo da un'inquadratura fissa su una casupola di legno posta sulla sommità di un albero antistante alla casa dalla quale avviene l'osservazione, la telecamera si rivolge verso l'habitat della stanza che ne ospita il punto di vista per avanzare fino a dove gli è possibile, soffermandosi sui diversi modellini che riproducono - in scala - gli interni della dimora in questione e le repliche dei suoi abitanti. Quello che a prima vista sembrerebbe l'espediente per innescare l'escamotage narrativo è invece il modo con cui il regista ci mette in guardia rispetto ai livelli di realtà di cui si compongono le immagini del suo lavoro. Se mai ce ne fosse bisogno, la conferma di quanto appena detto arriva subito dopo, con la soluzione di far partire la storia dall'animazione delle stesse miniature, destinate, come d'incanto, ad assurgere al corrispettivo in carne e ossa dei personaggi. Detto che il film tornerà più volte su questo leit-motiv, approfittando del fatto che l'artefice dei plastici è la stessa protagonista, Annie Graham/Toni Collette, incaricata di realizzarli per conto di una importante galleria d'arte, ciò che importa nell'economia complessiva è il risultato prodotto da questo cortocircuito iniziale.
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Se clima e contesto evocano il David Lynch di "Eraserhead - La mente che cancella" accade che, mentre l'autore di "Twin Peaks" è disinteressato a qualunque spiegazione, preferendo ad esse le fantasie surreali escogitate dal suo estro, Aster, al contrario, non si limita a far sentire la follia dei personaggi ma decide pure di raccontarla con una coerenza che purtroppo non riesce ad avere la stessa efficacia di ciò che l'ha preceduto. Forzando la logica di certi passaggi (come quello relativo ai poteri da medium di Annie) e palesando piccole ma evidenti incertezze nella costruzione della trama, "Hereditary" retrocede a lavoro di seconda fascia, pur mantenendo inalterata l'eccellenza della confezione, valorizzata dalla fotografia iperreale di Pawel Pogorzelski.
A vantaggio del lavoro svolto dal regista, preme comunque sottolineare l'eccellente resa di "Hereditary", al top degli incassi tra gli indipendenti della stagione americana - con un utile di 70 milioni di dollari d'incasso a fronte di un budget di 7 - che lo pone ai vertici, non solo nell'alveo della propria categoria. Che abbia un seguito è più che scontato.
Carlo Cerofolini
(pubblicato su ondacinema.it)
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