The Lodge
di Veronica Franz e Severin Fiala
con Riley Keough, Alicia Silverstone, Lia McHugh, Jaeden Martell
USA, GB, 2019
genere, thriller, horror
durata, 100'
"The Lodge" di Veronica Franz e Severin Fiala ("Goodnight Mommy") si presentava con le carte in regola per fare breccia non solo tra gli appassionati del genere ma anche sugli amanti del cinema d'autore. Alla componente horror relativa all'ambiguità dei personaggi e alla claustrofobia dell'ambientazione, "The Lodge" dispone di un apparato formale ed espressivo rigoroso, in grado di alimentare la follia in seno alla storia con immagini capaci di rendere il deragliamento psicologico dei protagonisti e di mettere in discussione il livello di percezione dello spettatore, il più delle volte in difficoltà nel distinguere il vero dal falso.
Nel raccontare le conseguenze di una convivenza forzata, quella di Grace (Riley Keough, alle prese con lo stesso tipo di situazione nell’inquietante "It Comes at Night" di Trey Edward Shults), con Mia e Aiden, i figli del suo nuovo compagno, isolati dal resto del mondo e costretti dal maltempo all'interno di uno chalet di montagna, la regia esaspera la corrispondenza tra la dimensione del reale, rappresentata per lo più dallp spazio interno dell'abitazione e quella immaginifica, costituita dalle stanze della casa giocattolo in cui la raggelata rappresentazione della vita domestica, comprensiva di bambole e accessori, sembra la premonizione di quello che potrebbe accadere all'inquieto sodalizio.
Un collegamento, quello appena descritto, che "The Lodge" ribadisce lungo tutto il film con profondità di campo e soffitti a spiovente che fanno dell'inquadratura la cornice di un habitat artificiale, le cui alterazioni prospettiche, rimandando alle architetture dalla miniatura, generano il sospetto di altrettanta finzione di cui il mondo dei personaggi potrebbe essere depositario. Una strategia che ricorda da vicino "Hereditary - Le radici del male" (l'apertura sembra quasi una citazione del lungometraggio di Ari Aster) del quale Franz e Fiala ricalcano anche la predisposizione a girare con uno sguardo autoriale, interessato a sviluppare il cursus esistenziale dei personaggi e non solo a lavorare sulla degenerazione delle loro nevrosi.
Attraversato da un sottotesto evocativo della versione più peccaminosa e colpevolista (qui a essere punita con indicibile senso di colpa è la natura fedifraga delle relazioni sentimentali) della morale puritana, il film è bravo a destabilizzare le certezze del pubblico cosi come nella creazione del paesaggio metafisico anche quando si tratta di estenderlo alla landa desolata che circonda la dimora. Lo è meno nel momento in cui si tratta di tirare le somme e svelare l'arcano che si nasconde dietro l'irragionevolezza degli avvenimenti con accorgimenti e sviluppi dell'azione non sempre atti a rafforzare la coerenza interna alla storia. Preferibile quando lascia parlare i non detti, "The Lodge" perde quota laddove decide di riempirli forzando la mano con svolte e spiegazioni talvolta poco plausibili. Come dimostra l'incertezza dell'ultima sequenza, chiusa con una sospensione narrativa destinata a interrompe una sequenza a cui per ragioni di logica non si doveva arrivare e che invece suggella un'operazione non del tutto riuscita.
Carlo Cerofolini
(pubblicato su ondacinena.it)
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