giovedì 26 dicembre 2019

IL PRIMO NATALE


Il primo Natale
di Salvatore Ficarra, Valentino Picone
con Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Roberta Mattei 
Italia, 2019
genere, commedia
durata, 100


In quella che da molti anni a questa parte si appresta a essere la prima volta di un palinsesto cinematografico privo dei “famigerati” cinepanettoni, le preferenze di esercenti e addetti ai lavori sembrano andare nella direzione di un’offerta d’altro tipo, più attenta alla sobrietà dei contenuti come pure alla qualità della confezione. In attesa di valutare i lavori degli altri contendenti,  Ficarra e Picone aprono la corsa alla conquista del box office con un film - “Il primo Natale” -, pronto a confermare il trend con una serie di scelte anomale a questo livello, a partire dalla decisione di affidare la direzione delle luci a un maestro del cinema d’autore come Daniele Ciprì e, ancora, di suggellare l’inizio e la fine della storia con la cover di “Let It Snow!” cantata da Michael Bublè, crooner d’antan le cui suggestioni vocali - peraltro lontane  dal soggetto del film - sdoganano la vulgata dei registi siciliani dal suo contesto produttivo, accostandola, almeno nell’atmosfera, agli all’analoghi prototipi hollywoodiani.

Un cortocircuito - acustico/visivo - che appartiene pure al comparto narrativo se è vero che dopo una rapida introduzione ambientata ai giorni nostri, necessaria a presentare la contrapposizione caratteriale dei due protagonisti - con Salvo, ladro cinico e miscredente, e Valentino, sacerdote operoso e fedele alla propria missione -, “Il primo Natale” catapulta personaggi e spettatore nella Palestina dell’anno zero, alla vigilia della nascita di Gesù della cui venuta i nostri eroi diventeranno in qualche modo “custodi”; non prima di aver rischiato la vita in una serie di imboscate che li vedrà coinvolti alla loro maniera nella resistenza del popolo ebraico nei confronti della dominazione romana, con Erode/Massimo Popolizio, Ponzio Pilato e un gruppo di rivoltosi (tra cui si distingue Roberta Mattei, dopo Maccio Capotonda ancora una volta “vestale” della comicità made in Italy) destinati a incrociare la strada  dell’improbabile coppia.


Novità di fronte alle quali sono proprio Ficarra e Picone a rimanere fedeli a se stessi, alla propria maschera e al ruolo di “guastatori” dell’ordine, attaccato con un non sense costruito su battute meno “cattive” e su un’affabulazione meno sincopata del collega e competitor Checco Zalone, inafferrabile ed “estraneo” (e per questo più anarchico) alla famigliarità a cui ci hanno abituato i conduttori di “Striscia la notizia”. Assume loro a rimanere consueta è la sceneggiatura del film, in cui ripetersi è l’espediente - invero risibile - del viaggio temporale che dà il via alla storia e che alla stregua del precedente “L’ora legale” permette ai protagonisti di imitare Benigni e Troisi di “Non ci resta che piangere”, in un’operazione parente stretta di quelle già viste in “Non ci resta che il crimine” di Massimiliano Bruno come pure de “Moschettieri del Re - La penultima missione” di Giovanni Veronesi. Rispetto a questi “Il primo Natale” propone una più forte dimensione farsesca, favorevole alla propensione picaresca della coppia e coerente alla volontà di realizzare una rappresentazione/estensione apocrifa del presepe vivente allestito da Don Valentino a inizio film, origine e fine del viaggio - reale e metaforico - compiuto dai personaggi.

La combinazione tra sacro e profano trova sintesi nel racconto di un doppio miracolo: filologico il primo, relativo alla nascita di Gesù, creato dalla fantasia degli autori il secondo, inerente alla conversione dell’agnostico Salvo, vinto alla fede da una serie di eventi che un poco alla volta ne smontano lo sbandierato scetticismo, “Il primo Natale” si prende gioco del tema indicato nel titolo con una levità mai corrosiva (come fu a suo tempo quella dei Monty Python in “Brian di Nazareth”) e tale da assicurare al film l’ortodossia necessaria a farne un prodotto per famiglie. Il risvolto politico che fa della fuga dalla Palestina e dell’approdo in Italia da parte di Ficarra e Picone la metafora di quello che succede nella nostra penisola in termini di sbarchi clandestini, come pure l’invito a mettersi per una volta nei panni di quest’ultimi - cosa che invece fanno i protagonisti e i loro compagni di viaggio - ne è la riprova, tanto il riferimento all’argomento è accennato e risolto in superficie. Che poi questo basti ad assicurarsi il primato del botteghino è un’altra cosa. Certo è che le potenzialità del duo comico meriterebbe una regia meno preoccupata di confermare il brand televisivo e magari alternativa a quella tutta casalinga fornita dagli stessi attori, i quali oramai sembrano aver imparato a memoria il copione del successo. Sparigliargli le carte non sarebbe male.
Carlo Cerofolini
(pubblicato su ondacinema.it)

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