Babyteeth
di Shannon Murphy
con Ben Mendelsohn, Essie Davis, Eliza Scanlen
Australia, USA, 2019
genere: drammatico
durata, 120’
La storia è quella di Milla, una sedicenne malata di cancro che un giorno incontra per caso Moses, un ragazzo più grande di lei e del quale si innamora. Nonostante la disapprovazione dei genitori che le fanno presente si tratti di uno spacciatore, Milla inizia a frequentarlo, cambiando molto e, in parte, imparando a vivere forse per la prima volta dopo molto tempo. Il suo interesse per Moses nasce soprattutto dal fatto che lui sembra essere il primo (e unico, a parte i genitori) a non giudicarla e non provare continua pietà per lei. Per lui Milla è una ragazza come un’altra ed è questo a suscitare una reazione positiva nella ragazza, nonostante i genitori facciano di tutto per allontanarli.
Il titolo deriva dal fatto che Milla abbia ancora dei denti da latte che diventeranno importanti all’interno della vicenda, sia dal punto di vista psicologico che simbolico.
Interessante l’approccio della regista alla storia, sia, in primis, per la costruzione, una suddivisione in capitoli che sembrano rendere quasi ironica una vicenda più che drammatica, sia, appunto, il saggio bilanciamento tra dramma e commedia che ben si intervallano dando vita ad un prodotto piacevole e al tempo stesso commovente. Si ride e si piange con “Babyteeth”.
Il blu del titolo, che ritorna in maniera evidente nella parrucca della protagonista, si fa prepotente in generale all’interno delle tonalità generali del film.
Molto bravi e “sinceri” i due protagonisti che rendono il tutto più vero (ci sarà da aspettarsi un’eventuale coppa volpi?). Ma tanto di cappello anche ai genitori (nel film) perché grazie a loro e alle loro reazioni ai continui cambiamenti di Milla viene esplorata la vicenda da un altro punto di vista che lo spettatore vede ancora più vicino a sé.
Si parla di malattia, ma si mostra tutto ciò che ne deriva e tutto ciò che ruota intorno. Alla fine se si dovesse trovare qualche tema al film si potrebbe parlare di amore, famiglia, amicizia, ma la malattia sarebbe forse l’ultimo tassello. Questo è possibile grazie al lavoro dietro la macchina da presa che ha trasformato quello che è un argomento ampiamente utilizzato e presente nel cinema in maniera diversa, nuova e originale.
Tanto di cappello a questa regista che, letteralmente dall’altra parte del mondo, è riuscita a dare vita (in tutti i sensi) a quest’opera che cerca di dare vita anche allo spettatore stesso, che non può che trarre insegnamenti (positivi) dalla storia e dall’energia di Milla.
Veronica Ranocchi
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