Il sindaco del rione sanità
di Mario Martone
con Francesco Di Leva, Roberto De Francesco, Massimiliano Gallo
Italia, 2019
genere, drammatico
durata, 118’
Tratto da una pièce del grande Eduardo De Filippo, “Il sindaco del rione sanità” presentato da Martone in concorso per il Leone d’oro racconta, come ci si aspetta dall’autore, una tragicommedia napoletana.
La storia è quella di Antonio Barracano, che dovrebbe, in qualche modo, incarnare la figura del sindaco, da cui il titolo, del proprio rione a Napoli, quello della Sanità. Barracano è un cosiddetto “uomo d’onore”, temuto e rispettato da tutti perché con i suoi metodi, spesso non troppo ortodossi, riesce, più o meno, a far regnare la pace e la serenità nel luogo in cui vive. Tanto che chiunque va a chiedere aiuto, grazia o piaceri personali, arrivando a confidargli qualsiasi cosa. E lui, dal canto suo, rispetta e ascolta i suoi “ospiti” e cerca di fare il possibile per loro. Finché sulla sua strada non arriva un giovane che confessa al protagonista di voler compiere un gesto estremo nei confronti del padre, tale Arturo Santaniello, un ricco panettiere che, anni prima, aveva rinnegato il figlio, cacciandolo di casa.
Un film (e una pièce) piacevole che, nonostante la tematica e l’ambientazione (dalla quale ci si può aspettare di tutto) riesce ad essere più che godibile dal pubblico. Come nei più grandi classici di De Filippo, nei drammi più grandi si nasconde sempre un briciolo di ironia, molto presente anche in quest’opera. Martone riprende ciò che vede a teatro e lo trasporta sullo schermo avvalendosi del prezioso aiuto del cast e di Francesco Di Leva in primis, che interpreta un Antonio Barracano austero, ma “divertente” e che piace. I suoi modi di fare, spesso ai limiti dell’assurdo, lo rendono, non solo agli occhi dei suoi concittadini, ma anche a quelli dello spettatore, un personaggio, tutto sommato, positivo, per il quale fare il tifo.
Peccato che la decisione di Martone sia stata quella di trasporre lo spettacolo sullo schermo senza modificare nemmeno una virgola. L’unica differenza che si può riscontrare con l’opera teatrale è l’età dei personaggi che, a teatro, sono molto più anziani rispetto al film. Forse, in questo modo, il regista ha voluto, in un certo senso, attualizzare il tutto. Perché, pur essendo un’opera del 1960, è probabilmente ancora più attuale adesso che all’epoca in cui è stata effettivamente scritta.
Il confine tra il bene e il male è molto labile in quest’opera e sia l’autore che il regista mettono lo spettatore davanti a un bivio: scegliere da che parte stare.
Una buona interpretazione anche quella di Massimiliano Gallo, nel ruolo di Arturo Santaniello, un padre austero, ma composto, almeno fino ad un certo punto, che cerca di mantenere la calma e distinguersi dagli altri, come si può evincere dal linguaggio, inizialmente diverso rispetto a quello degli altri e del protagonista in particolare. Quasi un contraltare, per bilanciare umanità e non.
Ci si poteva aspettare di più da un regista che vuole riportare in auge il teatro, nello specifico quello di De Filippo, nel 2019? Probabilmente sì. Però il coraggio di scegliere e sviluppare “Il sindaco del rione sanità” vale già qualche punto in partenza.
Veronica Ranocchi
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