Jurassic World: il regno distrutto
di Juan Antonio Bayona
con Chris Pratt, Bryce Dallas Howard, Ted Levine
USA, 2018
genere: fantasy
durata, 128’
A tre anni di distanza dai fatti di Jurassic World, Isla Nublar sta per essere sommersa da lava vulcanica. Il governo deve decidere se salvare i dinosauri superstiti che la popolano o se lasciare che la natura faccia il suo corso. Eli Mills propone a Claire di coinvolgere Owen per una missione di salvataggio, che recuperi anche il Raptor super-intelligente Blue.
“Jurassic World: Il regno distrutto”, nel terzo e conclusivo atto della storia, punta tutto sulla suspense. Dalla catastrofe naturale del vulcano in eruzione su Isla Nublar alle tematiche animalistiche, passando per il sempre caro scontro tra filosofia morale e avidità congenita, il film diligentemente prepara il cliché che ben conosciamo. C'è più consapevolezza su cosa trattare in modo superficiale (la storia) e su cosa insistere affinché anche il pubblico affondi gli artigli nei braccioli delle poltrone (la suspense, appunto). Chi davvero lascia una traccia del suo passaggio, oltre ai rettili giganti, è il regista spagnolo Juan Antonio Bayona.
Egli realizza il suo film più impersonale, per ovvie ragioni. La rivitalizzata saga creata da Steven Spielberg nel 1993 ha riacceso tre anni fa la fiamma della passione per le creature estinte. Jurassic World è, ad oggi, il quinto miglior incasso di sempre al box office mondiale. I protagonisti sono gli eroi del Giurassico e non si bada a spese nel ricrearli al computer o dal vero a dimensioni naturali, con gli artigiani degli effetti speciali di una volta. Il regista di turno deve assecondare qualcosa di molto più grande di lui, come ha fatto Colin Trevorrow nel primo film, ma Bayona lascia una scia. Lo spagnolo è ossessionato dai riflessi: specchi e vetrate raddoppiano tensione e paura, e con le ombre disegna sui muri quei contorni propri del terrore infantile. Prende ispirazione da se stesso, attingendo a piene mani ai chiaroscuri dal fantasy “The Orphanage”, suo film d'esordio, e con il suo intervento rende più digeribile una sceneggiatura un po’ forzata sugli snodi narrativi, per mandare avanti la storia nel film successivo.
Scritto sempre da Trevorrow e Derek Connelly, “Jurassic World: Il regno distrutto” raddrizza il tiro, scorre veloce lasciando spesso il primo piano all'azione e delinea meglio i personaggi rispetto al precedente film. La presenza femminile, intanto, fa un bel passo avanti in quantità e qualità. La Claire di Bryce Dallas Howard è operativa e decisiva più di quanto non sia Owen, sempre Chris Pratt. Quest'ultimo ha la commedia nel sangue: bastano tre momenti di brevi espressioni facciali per ricordarlo e una sequenza memorabile tra il magma rovente in cui recita solo con il corpo. La dottoressa latino-americana che ha il volto di Daniella Pineda è tosta quanto basta per salvare un dinosauro e zittire in più occasioni i mercenari senza scrupoli, primo su tutti il loro boss interpretato da quel gran caratterista che è Ted Levine. Ogni volta che entra in scena la bambina Maisie, l'esordiente Isabella Sermon, Bayona gioca in casa. È su di lei che il film, anzi la saga, investe cospicuamente.
A fronte della pericolosa primordialità dei dinosauri, “Jurassic World: Il regno distrutto” ribadisce quanto l'uomo sia l'unico vero animale da temere per il futuro della sua stessa specie e di tutte le altre. Il messaggio passa attraverso le parole pronunciate dal dottor Malcolm, una presenza che segna il ritorno, seppur per poco più di un cameo, del carismatico Jeff Goldblum.
Riccardo Supino
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