End of Justice - Nessuno è innocente
di Dan Gilroy
con Denzel Washington, Colin Farrell, Carmen Ejogo
USA, 2018
genere, drammatico
durata, 122'
Almeno in questa sede dimentichiamo il titolo del distributore italiano e consideriamo solo quello assegnato al film da Dan Gilroy. Lungi dall’essere una questione meramente filologica sostituire End of Justice – Nessuno è innocente con il più appropriato (e meno retorico) Roman J. Israel, Esq facilita la comprensione di un’opera che rischia di essere fraintesa se guardata con un punto di vista che non sia esclusivamente quello del suo protagonista. Non a caso la storia che vi si racconta nasce e si sviluppa intorno al personaggio di Denzel Washington scelto per la parte di Roman J. Israel, avvocato per i diritti civili, il quale, dopo una vita dietro la quinte, è costretto dalle circostanze a riscoprire la propria militanza nel tentativo di difendere se stesso e i suoi “fratelli” dall’iniquità del sistema giudiziario.
Se ci si limitasse alla trama, senza prendere in considerazione il glamour e la bravura degli attori che vi partecipano (oltre a Washington il cast comprende Colin Farell e Carmen Ejogo), End of Justice – Nessuno è innocente sembrerebbe un film già visto, uguale a molti in cui il cinema americano ha raccontato la bigger than life dell’uomo solo contro tutti. Senza contare che, almeno in partenza, il mestiere del protagonista obbligava il regista a lavorare all’interno di un format come quello del legal drama, votato al rispetto della norma e della ripetizione procedurale, e perciò poco propenso a smussare le ovvietà del copione. Tenendo conto di queste premesse, Gilroy si concede più di una deroga, a cominciare dalla scelta di ambientare la vicenda al di fuori del contesto che ci si aspetterebbe, preferendo assecondare la geniale anarchia del protagonista, scheggia impazzita di un sistema che Israel boicotta evitando le aule del tribunale a favore di una libertà d’azione e di pensiero che il regista manifesta in due maniere: sotto il profilo narrativo, con lo scarto di senso fornito dai ragionamenti del protagonista, in apparenza sconclusionati e astratti, in realtà frutto di un’assoluta conoscenza della materia giurisprudenziale; dal punto di vista visivo, inanellando una dietro l’altra immagini caratterizzate dal continuo movimento del personaggio, costretto a spostarsi da una parte all’altra della città per tenere testa ai continui cambi di location previsti dal copione.
Ma ciò che sorprende in End of Justice – Nessuno è innocente è la capacità di gestire la “diversità” di un personaggio che in altre mani avrebbe potuto essere un collettore di istrionismi e di stereotipi e che, invece, anche per l’interpretazione monstre di Washington (alla vigilia della premiazione il più sottovalutato tra gli attori in corsa per l’Oscar) viene restituito senza manierismi e con una purezza da cinema classico, stile a cui si rifà la messinscena di Gilroy. Uno dei film americani più belli e sorprendenti di questa stagione, End of Justice – Nessuno è innocente è una favola morale che emoziona e sorprende. Da vedere.
Carlo Cerofolini
(pubblicato su taxidrivers.it)
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