domenica 25 agosto 2019

L'ALTRA FACCIA DEL SOGNO AMERICANO: CONVERSAZIONE CON SEAN BAKER, REGISTA DI TANGERINE E UN SOGNO CHIAMATO FLORIDA


Da regista indipendente è riuscito a destare l'attenzione dell'industria hollywoodiana raccogliendo consensi e nomination con film come Tangerine e Un sogno chiamato Florida, capaci di raccontare il contraltare del sogno americano senza retorica e con una poetica a metà strada tra favola e realtà. A Sean Baker abbiamo chiesto di parlarci del suo modo di fare cinema. Ecco cosa ci ha detto.




Mi piacerebbe cominciare questa conversazione parlando della tua esperienza come giurato al Festival di Locarno. Come spettatore qual è il tuo rapporto con il cinema e cosa chiedi a un film per ottenere la tua attenzione ?

Ricerco sempre film con nuove prospettive. Cerco qualcosa che mi porti in luoghi da me mai visti. E, cosa più importante, cerco visioni che abbiano cuore.

Sembra che prima del personaggio tu hai interesse a raccontare la storia degli ambienti in cui questo vive. I primi due film da te girati sono ambientati a New York, il terzo e il quarto a Los Angeles, una città il cui immaginario è forgiato dal Cinema. La stessa Orlando e i suoi sobborghi offrono a The Florida Project un retroterra originale. Cosa ti ha spinto in questi luoghi ?

Le ambientazioni adeguate possono essere importanti tanto quanto i personaggi forti e i dialoghi. A volte vedo i luoghi come dei veri e propri personaggi. Essendo il cinema un linguaggio visivo, più visivamente interessante è un contesto meglio è. Inoltre, mi ha sempre stupito la mancanza di immaginazione di Hollywood quando si tratta di locations uniche. Ce ne sono così tante lì fuori in attesa di essere riprese.



In The Florida Project il tradimento del Sogno Americano marcia di pari passo con quello vissuto da Moonee. Ritengo che i tuoi film percorrano sempre un itinerario che si svolge dal particolare all’universale. Nel senso che ciò che conta non sono i ritratti delle subculture o quello delle comunità marginali, pur ben caratterizzate, quanto il fatto che ogni storia abbraccia di preferenza valori così universali da essere immediatamente condivisibili.

Con il mio co-sceneggiatore, Chris Bergoch, stiamo cercando di raccontare storie universali o storie con temi universali, quali amicizia, amore, perdita etc., collegandoli a coloro che sono spesso ignorati o emarginati con la speranza che renda più facile per gli spettatori (non importa dove vivi nel mondo) identificarsi e connettersi con i protagonisti. La speranza è quella di poter vedere cosa ci rende tutti umani.


Volendo riassumere, si potrebbe dire che le tue sono storie d’amicizia. Non è un caso che molti dei tuoi film finiscano con i protagonisti uniti nella stessa immagine. Consideri giusta questa affermazione a proposito delle tue opere?

Si, a volte non mi rendo conto di aver fatto ripetutamente lo stesso film fino a che un giornalista come te non me lo fa notare. Penso si riduca tutto ancora una volta ai temi universali. La maggior parte di noi ha una persona su cui può contare. Ci dà speranza. Io penso che ogni film finisca con questo momento di speranza.

Nella creazione dei film viene prima di tutto il resto o sono i posti e le persone che incontri a influenzare la tua ispirazione?

Di solito mi piace ascoltare le storie che la comunità vuole raccontarmi prima di iniziare a scrivere le sceneggiature. Nel caso di The Florida Project sapevamo che si sarebbe trattato di una vicenda di bambini, ma non sapevamo nulla dei particolari finché non abbiamo trascorso del tempo con le due protagoniste, Mya Taylor e Kiki Rodriguez.

Di solito, usi attori che sono alla loro prima interpretazione e li fai interagire con altri che lo fanno per professione. Qual è la cosa che ti piace di più di questa eterogeneità e che tipo di relazione si stabilisce sul set?

C’è qualcosa della vita reale delle persone che senti verrà poi trasmessa al personaggio. Inizia con la loro fisicità. Ma non tutti sono in grado di recitare. La fisicità è solo il trampolino di lancio. Si devono poi mettere alla prova e vedere se hanno compreso il concetto di recitazione. Se sei abbastanza fortunato nel trovare individui che hanno il talento di sostenere entrambe le cose, di trovare interessante la storia e il personaggio, allora hai trovato l’oro.

Per tutto ciò che è stato detto, risulta chiaro che il tuo Cinema si caratterizza per un marcato realismo sociale e che il tuo approccio ai temi affrontati deve molto alla metodologia cara al documentario. Allo stesso tempo, utilizzi una sorta di procedimento di astrazione in grado di elevare la storia a un livello che travalica la realtà e, come nel caso di The Florida Project, giunge a una sorta di racconto fiabesco.

Questo è vero. Siamo tutti consapevoli che stiamo guardando un film e per questo non mi sento dogmatico nell’attenermi a un particolare stile. Onestamente, vorrei poter infondere maggior realismo magico nei miei film.



Anche i toni del film testimoniano ciò che abbiamo detto. Di fronte a situazioni spesso drammatiche c’è spazio per l’umorismo, ma anche per atmosfere sognanti e rarefatte. In tal senso, sembra quasi tu voglia restituire ai personaggi un po’ di quella felicità che la vita gli ha tolto. È corretto? 

Diciamo che è parte di essa. Ogni essere umano usa l’umorismo per affrontare la vita. Per essere più realistici possibile adattiamo questo umorismo allo stile del film, come pure nelle interazioni e nei dialoghi. L’umorismo aiuta le persone a relazionarsi e a connettersi.

L’uso del colore è uno degli aspetti più significativi del tuo lavoro. Le riprese in genere sono molto realistiche: la tavolozza dei colori che le compone è spesso surreale. Spesso, in film simili ai tuoi, i registi tendono a smorzare l’intensità cromatica, mentre tu, al contrario, la lasci esplodere, come si vede ad esempio in Tangerine e in The Florida Project, o ti limiti a sottolinearla leggermente, tipo in Starlet. Ciò corrisponde alla temperatura emotiva dei personaggi, ai loro stati d’animo?

Penso di aver iniziato a esaltare il colore sempre di più in ogni film. La vita è piena di colore e annullare/evitare una tavolozza colorata mi sembra uno spreco. Con Tangerine la saturazione di colori è stata fatta durante le prove. All’inizio ho desaturato come scelta stilistica in quanto meglio si adattava al genere neorealista. Ma non appena ho visto le immagini desaturate di Mya e Kiki ho notato che qualcosa non andava. Lo stile si scontrava con i loro personaggi, così colorati. Per questo motivo sono andato in direzione opposta e ho caricato al massimo i colori. Improvvisamente tutto era perfetto.

In relazione a questo punto di vista, The Florida Project segna un altro cambiamento, simile a quello di cui si è fatto carico Alexis Zabe che, ricordiamo, è il direttore della fotografia di un film come Post tenebras lux. Quale è stato il suo contributo alla creazione di quella sorta di Wonderland in cui Moonee e i suoi piccoli amici si muovono ?

Alexis ha un occhio formidabile. Inoltre, la sua sensibilità è attenta alla materia ed è per questo motivo che la sua intenzione è stata far combaciare l’estetica con il contenuto. Possiede una formula segreta per far apparire magiche le cose.

Anche l’uso della musica evidenzia notevoli connotati drammaturgici. Mi riferisco al suo possibile significato all’inizio di The Florida Project – quindi non solo al brano Celebration –  a come esso si colleghi al sogno disneyano di città ideale. Parimenti in Tangerine, in cui la continuità tra un estratto di musica classica e l’esplosione di suoni elettronici si manifesta nella scena in cui uno dei protagonisti se ne sta seduto da solo sulla banchina in attesa dell’autobus (qui in chiave anti-realistica). Puoi dirmi qualcosa a riguardo ?

La musica quasi sempre viene inserita in post produzione. Sapevamo che avremmo usato Celebration all’inizio del film ma non avremmo mai pensato che sarebbe stato orchestrato anche per il finale. Queste sono decisioni prese in post-produzione, basate su come il film viene poi tagliato. Iniziando Tangerine, dissi ai miei produttori che non dovevano prevedere un budget per la musica. Sinceramente pensavo che il film non avrebbe avuto alcuna musica, a parte la traccia di Toyland. Le cose sono poi ovviamente cambiate in fase di post-produzione. Una notte, mentre stavo montando la prima scena del Donut Time (un negozio di ciambelle che svolge un ruolo importante nel film), ho ascoltato una canzone hip hop in rete che mi colpì veramente e pensai “questa è la musica che stavo cercando per il film“. Da quel momento in poi la colonna sonora venne trovata cercando tracce simili e usando il Sound Cloud per trovare artisti e tracce originali.

Nelle tue sceneggiature spesso sono previsti colpi di scena che riservano allo spettatore non poche sorprese. In Starlet, ad esempio, conosciamo il mestiere della protagonista quasi solo alla fine. La stessa cosa la troviamo in Tangerine, scoprendo via via i veri gusti sessuali del tassista. È possibile considerarlo un modo per rendere le storie più avvincenti ?

Sì. Sto facendo film che trattano argomenti che di solito allontanerebbero il pubblico. Ci sono certe convenzioni che ritengo aiutino a tenere lontano il grande pubblico, un pubblico che non è abituato a frequentare i cinema d’essai.

La Jane di Starlet o Sin-Dee Rella e l’Alexandra di Tangerine, così come Moonee, sono personaggi caratterizzati da un bisogno di affetto che si manifesta in modo viscerale. Allo stesso tempo, ognuno di loro vive un’instabilità esistenziale che, tra l’altro, si abbina a una precarietà materiale rappresentata dal fatto di non possedere una propria casa e di frequentare ripari improvvisati. Moonee e sua madre, ad esempio, coabitano in un hotel dal quale rischiano in ogni momento di essere mandate via, non essendo in grado di pagarne il prezzo. 

È difficile commentare le conseguenze negative di un sistema che gli Stati Uniti elogiano così tanto: il capitalismo. 

In The Florida Project ti avvali per la prima volta di un attore di fama come Willem Dafoe. A parte il fatto che lui è uno dei miei preferiti, vorrei chiederti perché lo hai scelto e come ti sei trovato a lavorare con lui in un set.

Lavorare con Willem è stato meraviglioso. Si è preso del tempo per capire il modo in cui stavamo girando ed è arrivato in città una settimana prima delle riprese. In quei giorni ha visitato i luoghi e incontrato alcuni manager del motel. Ritengo abbia in questo modo davvero ottenuto quel riluttante atteggiamento paternalistico che stavo cercando. È una persona incredibilmente minuziosa e questo era proprio ciò di cui avevo bisogno per il suo personaggio. Willem ha l’abilità di lasciare agli spettatori il desiderio di volere di più, nel senso migliore del termine, ossia di desiderare di conoscere di più il personaggio, di voler sentire i suoi pensieri.


Sei un notevole direttore di attori. Per questo ti chiedo come hai costruito la scena in cui Moonee piange. Il suo primo piano col viso pieno di lacrime è una delle scene più emozionanti del cinema di questo nuovo millennio.

Diciamo che Brooklynn è una professionista, ed è stata in grado di mettersi nei panni di Moonee e di trovare quell’emozione. Il merito va anche a Samantha Quan. Lei è stata l’insegnante di recitazione nel film per i bambini e i principianti.

Anche perché il modo in cui Bobby cerca di aiutare gli altri protagonisti del film a non farsi sopraffare dalle vicissitudini, rispettandone comunque scelte e comportamenti, mi ricorda molto il Timothy Spall di Segreti e Bugie di Mike Leigh. È solo una mia sensazione o c’è qualcosa di vero ?

Non ci sono dubbi che il lavoro di Mike Leigh ha avuto un’influenza molto forte sulla mia carriera. Comunque non posso indicare nessun personaggio in particolare. Ma il confronto resta interessante. Noto pure dei tratti in comune tra i due uomini.

Immagino che essere un autore indipendente ti consenta una libertà creativa altrimenti impossibile. D’altra parte, spesso sei obbligato a lavorare con poche risorse. All’interno di una condizione del genere, cosa si perde e cosa si guadagna ?

Per il momento mi vanno bene i budget bassi. Posso ancora continuare con produzioni di grande valore e raccontare le storie che voglio raccontare. Inoltre, questo mi aiuta a mantenere il controllo creativo e a volte persino la proprietà.

In relazione a questo, voglio chiederti se il successo di Tangerine e di The Florida Project – nominato Oscar – ti ha dato qualche possibilità in più in termini produttivi e se hai già in mente qualcosa per il tuo prossimo film.

Sì. Ora il finanziamento è più facile. Finché mi mantengo sotto un certo budget. Il mio prossimo film è allo stesso livello. Tratterà della guerra degli USA alla droga.

Vorrei sapere se conosci il nuovo cinema italiano e i suoi autori – ad esempio, Alice Rohrwacher e i suoi Le meraviglie e Lazzaro felice o il Roberto Minervini di Stop the pounding heart e What you gonna do when the world’s on fire o, ancora, Leonardo Di Costanzo con L’intervallo e L’intrusa. Te lo chiedo perché, in un certo senso, credo che queste opere abbiano delle affinità con le tue. 

Amo la Rohrwacher e Minervini, ma è stato difficile vedere i film di Leonardo di Costanzo. Ma penso che siamo interessati alle stesse cose. Esplorare la condizione umana. Penso sia per questo motivo che sono attratto dai loro lavori.
Carlo Cerofolini

(pubblicata su taxidrivers.it)

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