Carter - per meglio dire - appassionato di fumetti e narrativa fantastica, surfista, collezionista di scampoli di quella sterminata pubblicistica della stranezza, dell'anomalia e dell'ambiguo (di cui farà schernito epigono il suo antieroe, Fox Mulder/D.Duchovny, chissà quanto predestinato dal suo stesso nome, così evocativamente prossimo, nella progressione fonetica, a "to moulder", più o meno "ridurre in polvere", "sgretolarsi", "decomporsi", a rafforzare l'idea, poi non così peregrina, di segugio-votato-alla-sconfitta) ha, nel tempo e nei fatti, in primis "seminato" imparando, ossia convogliato nel confortevole grembo dell'immaginazione/narrazione fantascientifica contributi disparati e non necessariamente concordi - dalle invasioni e colonizzazioni aliene, alle mutazioni genetiche estreme; dai messaggi subliminali, ai viaggi nel tempo; dalle strategie di controllo psichico, ai fenomeni extra-sensoriali; dalle leggende metropolitane e dalle arcane tradizioni di stampo lovecraftiano, agli intrighi e collusioni delle super burocrazie segrete; dagli orrori sfuggenti quanto indicibili di cui sono intrise le pieghe della cosiddetta normalità, a vere e proprie esperienze extra-corporee; dagli stati sospesi di coscienza, alle visioni più o meno terrene. E ancora: vampiri, reincarnazioni, stati di morte apparente, serial killer mossi sempre da qualcosa di più e di diverso dal semplice istinto omicida, strani ibridi (non ancora del tutto extraterrestri ma sempre meno umani), corpi che non si rassegnano a perire e restano incastrati in bislacchi intra-mondi, armi biologiche fuori controllo, teorie millenaristiche, elementi di cripto-zoologia, spionaggi, sofisticate manipolazioni propagandistiche... - "raccolto", in seguito, l'inerzia di un'onda di popolarità che avrebbe prodotto a bilancio una mareggiata costituita da duecento e passa episodi distribuiti in nove stagioni a partire dal 1993; di conseguenza, "insegnato", lasciando la propria impronta su decine di contenitori stipati di mistero e inquietudine; finendo per "godersi l'inverno" (che, come si vede, può non essere sempre e solo quello del-nostro-scontento) assiso in un silenzio e in una distanza l'uno e l'altra in grado di sedimentare un desiderio crescente, la voglia anterograda di continuare, proprio per fare in modo di non apporre ancora la parola "fine", in quel gioco per certi versi struggente di credere alla malia della finzione-vera delle storie, alle possibilità e alle promesse che pulsano al fondo di ogni racconto, voglia esemplarmente riaffermata - seppur in senso antifrastico (e questo la dice davvero lunga circa il potere intrinseco delle suddette storie) - da uno dei tanti refrain presente nella serie: "Il modo migliore di prevedere il futuro e' inventarlo".
Chiaro: "X-files" non sarebbe altresì ciò che e' stato per tanti (e che, chissà, forse sarà ancora) se non avesse, da un lato, confermato l'inesauribile attitudine della macchina dello spettacolo a stelle e strisce a reperire (e ad imporre) innanzitutto volti, visi in grado (sia Duchovny che Anderson erano poco più che volenterosi di belle speranza ai tempi, nemmeno troppo sostenuti dalla produzione), per una strana osmosi, verrebbe da dire, di accompagnare innervandole, le fantasie, i sogni, le illusioni, il piacere dell'evasione, di un così vasto uditorio, variegato al suo interno come depositario di usi e costumi assai diversi tra loro; dall'altro posto di nuovo al centro del mistero il binomio base uomo/donna, spesso e volentieri, pero', secondo una dinamica per cui i singoli comportamenti eterodossi, erodendo pian piano gli stereotipi di riferimento, hanno finito, un azzardo via l'altro, per capovolgerne e rimescolarne in modo davvero intrigante i ruoli. Tanto, cioè, l'agente FBI Dana Scully/G.Anderson e' (almeno nella prima parte della saga e, diciamo così, per statuto) tetragona paladina del primato della Scienza e in generale della Ragione contro le elucubrazioni che da quei campi esulano, spingendo con mascolina fermezza affinché la Logica prevalga su ogni affermazione insofferente al suo rigido determinismo; tanto Mulder affida la guida delle sue investigazioni all'estro femminile dell'intuizione: egli e', a dire, curioso almeno quanto e' asistematico; afferma ma e' pronto a cambiare idea; non disdegna l'arzigogolo affascinante; e' capace d'impuntature, di testardaggini all'apparenza incomprensibili sotto cui alligna forse una latente isteria; si chiude a volte in mutismi; non di rado sparisce per ripresentarsi - magari a chiusura di file - affermando di avere sempre avuto ben chiara la soluzione e lasciando intendere per il tramite di un mezzo sorriso impunito di essersi divertito non poco ad assistere ai passi falsi degli altri. Questa strana coppia (annotiamo di sfuggita che i due, tra l'altro, hanno continuato imperterriti a chiamarsi reciprocamente per cognome anche dopo essersi scambiati il fatidico primo bacio atteso da mezzo mondo televisivo per anni) risolve, in altre parole, rilanciandola su piani inediti, l'archetipica dicotomia maschile/femminile in una mistura al contempo asessuata e seducente, minimalista nella schermaglia ma sotto sotto febbrile, irrequieta, cangiante, quindi capziosamente ambigua, per taluni versi irresistibile perché in teoria aperta quasi a qualunque colpo di scena o torsione di sceneggiatura.
Vero e', comunque, a compendio di quanto detto, che all'annuncio delle nuove gesta di Mulder e Scully la febbre dell'attesa ha cominciato presto a salire. Proviamo ad essere pazienti, allora. Con ogni probabilità la verità non e' la' fuori ma l'avventura, di sicuro, si'.
TFK