Matthias & Maxime
di Xavier Dolan
con Xavier Dolan, Gabriel D'Almedia
Canada, 2020
genere, drammatico
durata, 119'
Il cinema di XavierDolan è sempre autobiografico ma talvolta lo è di più di altre per il suo essere invaso da sentimenti e stati d’animo che sono la trasposizione di questioni contingenti. MatthiasMaxime ne è la conferma in virtù del suo prefigurarsi come il tentativo di ricucire lo strappo seguito alla tormentata lavorazione di La mia vita con John F. Donovan, film che nelle intenzioni del regista doveva segnare l’inizio di una nuova fase di carriera e il principio di un nuovo corso lavorativo. Girato in lingua inglese e prodotto nel contesto e secondo le regole dell’apparato hollywoodiano, il primo lungometraggio in terra americana si è però rivelato un flop di tali proporzioni da indurre il regista a ritornare sui propri passi.0
Da cui Matthias & Maxime, ovvero la restaurazione del primo cinema di Dolan, quello nel quale era lui per primo protagonista in veste di attore davanti alla mdp e in cui il budget ridotto e la freschezza di volti e corpi esenti dai condizionamenti dello star system diventavano il viatico di una libertà artistica qui confermata dalla leggerezza dell’assunto. Matthias & Maxime ruota infatti attorno a un bacio rubato, quello che i due amici si danno in veste di attori di un film amatoriale e che da lì in poi assurge a motivo della messa in discussione delle rispettive esistenze.0
Se l’orizzonte temporale entro il quale si svolge la vicenda sono le giornate che separano Maxime dal giorno della partenza per l’Australia dove il ragazzo ha intenzione di trasferirsi e se ancora le vicissitudini scaturite dall’avvicinarsi della data fatidica altro non sono che il risultato delle schermaglie con cui Maxime e i suoi amici esorcizzano l’imminente separazione, allora si può dire che Matthias & Maxime ragioni soprattutto sull’importanza delle proprie radici e sulla necessità di rimanervi il più possibile ancorati. Magari, tornando a casa, come ha fatto Dolan, anche nella riproposizione di situazioni e tematiche da sempre al centro della sua poetica. E dunque riflettendo sull’amore e le sue pene, su amicizia e identità sessuale per non dire dei rapporti famigliari, come al solito tanto imprescindibili quanti tormentati.
Nel farlo Dolan si affida a una regia più concreta di altre occasioni, lasciando che siano espedienti tutto sommato semplici a sottolineare lo stato d’animo del film. Parliamo per esempio delle accelerazioni del numero dei frame volte a sottolineare l’esuberanza giovanile e il tumulto degli affetti e ancora di certi stacchi di montaggio, anticipati rispetto alla fine della sequenza apposta per sottolineare le reticenze e i non detti di una verità, quella che Matthias e Maxime faticano a confessarsi.
Carlo Cerofolini
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