mercoledì 18 novembre 2015

Q&I - DANNY BOYLE PARLA DI "JOBS"



Quando arriva nella sala dove è stato appena proiettato il suo ultimo film Danny Boyle ha l’aria di chi sa di aver fatto un buon lavoro. "In effetti non era facile intercettare un personaggio importante e controverso come Steve Jobs, la cui vita" - afferma il regista - "fu piena di successi ma anche di ombre, soprattutto nel privato e in special modo nell'ambito della propria sfera relazionale. Non a caso i rapporti con le persone, soprattutto con quelle che gli furono più vicine furono sempre il suo tallone di achille" - conferma Boyle che, a chi gli chiede se non gli sembra che in qualche modo il suo lavoro corra il rischio comunque di alimentare il mito  del personaggio risponde di non aver mai pensato a questo tipo di conseguenze ma di essersi concentrato esclusivamente sul modo di restituire nella maniera più efficace e imparziale la  storie i fatti che lo riguardarono.


Interpretato da Michael Fassbender nel ruolo del protagonista e da Kate Winslet in quello della sua fedele assistente, “Jobs” può contare sulla sceneggiatura di Aaron Sorkin, diventato celebre per aver firmato gli script di  “Moneyball” e di The Social network”. "Aaron" - dice Boyle - "ha scritto una sceneggiatura diversa da quella che solitamente mi capita di leggere perché in questo caso si trattava di girare sulla base di un copione di circa duecento pagine, composto per la maggior parte da dialoghi fittissimi e da descrizioni molto dettagliate sull’ambiente e i personaggi" - che poi aggiunge -  “Più che al teatro come potrebbe far pensare la scelta di girare in interni ho cercato di rifarmi a un linguaggio cinematografico il più possibile cinematico che mi permettesse di esprimere, attraverso il continuo movimento del protagonista, perennemente in moto da uno spazio all'altro, la sua volontà di mantenere il controllo sulle cose e di rendere visibile in che maniera questa ossessione finisse per alienarlo da famigliari e colleghi"



Se "Jobs" non sottrae il suo personaggio alle contraddizioni meno piacevoli della sua esistenza, sottolineandone per esempio l’incapacità a rapportarsi con la figlia oppure a condividere con gli altri, e per esempio con l’amico e collega Stephen Wozniak interpretato da Seth Rogen, i meriti legati alla rivoluzione tecnologica dei prodotti Apple, è pur vero che il film ne sottolinea anche il carisma, la visionarietà e l’incredibile successo. “La personalità di Steve Jobs, con i suoi alti e bassi così come il suo percorso esistenziale  fornivano alla storia un materiale drammaturgico di per sé affascinante, che in qualche modo avvalora il mito del genio bello e maledetto” afferma Boyle che poi si affretta ad aggiungere “ questo non vuol dire che personalmente condivida questa tesi anzi io voglio continuare a pensare che si possa essere straordinariamente creativi e al tempo stesso buoni e giusti”. 

E a proposito dei tentativi della moglie di Jobs di opporsi alla realizzazione del film il regista è categorico “ si è vero, e anzi aggiungo che molte delle persone che avevo interpellato hanno rinunciato al film proprio a causa della pressioni esercitate della moglie di Jobs . Da parte mia posso dire che in passato mi è capitato di rinunciare a un progetto per motivi più o meno simili ma in questo caso c’era di mezzo una biografica autorizzata, da cui il film poi il film è stato tratto, che costituisce una sorta di unicum in quanto Jobs per la prima volta nella sua vita decise di lasciare totale libertà a chi la scrisse, rinunciando a qualsiasi tipo di controllo o condizionamento.Da qui la convinzione che il film andava comunque fatto perchè raramente accade che di una persona così importante si possa parlare con la sincerità offertami dal materiale di cui disponevo". 

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