lunedì 28 dicembre 2020
domenica 27 dicembre 2020
SOUL
Soul
di Peter Docter, Kemp Powers
USA, 2020
genere, animazione
durata, 100'
"Il paradiso può attendere". L’affermazione mutuata dall'omonimo film del 1978 diretto da Warren Beatty potrebbe essere uno degli slogan con cui riassumere l’assunto che ci cela dietro l’ennesima meraviglia di Casa Pixar. “Soul”, questo il titolo del lungometraggio diretto da Peter Docter, ruota attorno al sogno dell’insegnante di scuola media Joe Gardner (cui nella versione originale presta voce Jamie Foxx), deciso a tutto pur di non mancare l’appuntamento della vita rappresentato dalla possibilità di mettere a frutto il proprio talento suonando nel quartetto Jazz più famoso della città. E qui risulta utile tornare per un attimo al titolo del film perché quello scelto dal regista è sì il riferimento all’anima musicale del film e a quella del suo personaggio principale, pianista dalla classe sopraffina, ma ancora lungi dall’essere compresa e riconosciuta, ma anche un'allusione alla materia fantasmatica di una storia in bilico tra cielo e terra, luogo dove l’anima di Gardner nel frattempo vorrebbe tornare dopo essersi staccata dal corpo a causa dell’incidente mortale di cui rimane vittima il protagonista.
Carlo Cerofolini
(pubblicata su ondacinema.it)
sabato 26 dicembre 2020
INVISIBILI: 6 YEARS
6 years
di: Hannah Fidell
con: Taissa Farmiga, Ben Rosenfield, Joshua Leonard, Lindsay Burdge, Dana Wheeler-Nicholson
- USA 2015 -
77’
He’s watching time
he’s watching, marching to his end
He knows time
he sees it
know it, know it, know it
— Throwing Muses —
Coppia covalente dai sobborghi residenziali di Austin Tx (il film è stato girato in loco contemplando fuggevoli squarci riconducibili alle astrazioni allusive di certe ricorrenze care a Hockney), Melanie Clark, detta Mel/Farmiga (Taissa, figlia di Vera) e Dan Mercer/Rosenfield - la cui gestalt e l’ubi consistam sono rappresentati da una prossimità elettiva ed esclusiva, dorata e semi-impermeabile che rimonta indietro nel passato di una giovinezza ancora in costruzione per i fatidici 6 anni del titolo - stanno di preferenza appiccicati come lappole, ciarlano, scazzano, si accoppiano, assecondano personali inclinazioni (la musica per Dan, come praticante per una agguerrita etichetta alternative-rock; l’idea dell’insegnamento coi più piccoli per Mel), con il mondo, allo stesso tempo, lontano sullo sfondo indistinto a ruminare gli eterni precetti della cosiddetta età adulta e qua e là dappresso grazie al digrignare impercettibile ma caratteristico dei suoi denti da sempre pronti ad affondare nelle aspettative delle carni nuove e a rimescolare equivoci, minute bassezze, goffaggini travestite da insolenze, scampoli di egoismo ignorati per non intaccare l’incanto di giorni in apparenza senza confini.
TFK
MANK
Mank
di David Fincher
con Gary Oldman, Amanda Seyfred, Lily Collins
USA, 2020
genere, drammatico, storico, biografico
durata, 131'
Se diamo per buono il concetto e proviamo ad applicarlo al nuovo film di David Fincher ci si trova in un solo colpo di fronte a un’opera predestinata al successo fin da quando Netflix ha deciso di metterne in cantiere la produzione.
Delle caratteristiche appena menzionate Mank fa infatti sfoggio sia quando si tratta di raccontare la tormentata stesura del copione di Quarto Potere dal punto di vista di chi – Herman Mankiewicz – fu incaricato di scriverne il copione, sia quando si tratta di metterlo in scena facendo delle immagini della tormentata gestazione la diretta conseguenza delle parole che di mano in mano vengono battute sullo schermo dai tasti della macchina da scrivere compulsi dalla febbrile ossessione del protagonista.
Discorso sui massimi sistemi
Giullare di corte
E non solo: perché con uno scarto che non lascia indifferenti relega il vero protagonista della vicenda – Orson Welles – nella parte del comprimario. Sorte anche peggiore tocca a chi di solito è abituato a stare in prima fila sul palcoscenico dello spettacolo.
A meno che non sia indispensabile (Marion Davis, amante del magnate dell’editoria William Randolph Hearst alias Charles Foster Kane), a essere cancellati sono proprio i divi del grande schermo, quelli che di solito in operazioni del genere diventano aneddoti messi a corollario della storia.
Nella rivincita della parola sull’immagine Mank inverte per una volta l’ordine dei fattori lasciando spazio alle figure di contorno come sceneggiatori, impiegati, macchinisti, operatori di macchina, segretarie e cioè a tutte quelle persone abituate a lavorare nell’ombra e qui invece chiamate a completare la compagnia degli invitati al ballo.
La forma
Se la forma di Mank rimanda in parte al film in corso d’opera, in parte a quelli dell’epoca in cui si svolge la vicenda (soprattutto nel bianco e nero della fotografia, piatta e pastosa come lo era quello dei film degli anni 40), Fincher non esplora lo spazio ma lo disegna, lo mette in posa come si capisce confrontando la diversità di scelte operate dal regista di Denver rispetto per esempio a quelle di Martin Scorsese in The Aviator nella sequenza all’interno del locale notturno in cui la mdp si chiude sui personaggi anziché investigare la superficie circostante con dolly, carrellate e aperture di campo come fa invece Scorsese.
Stasi più che azione
Mank lo conferma dapprima trattando la storia di un uomo abituato a far prevalere le parole, enfatizzandone la tendenza mostrandolo sdraiato su un letto incapace di deambulare a causa di un incidente; in generale facendo della ragione l’arma principale con cui Mankiewicz si batte contro il sistema surrogando di fatto l’azione, vero e proprio epigono di una serie di personaggi – quelli creati da Fincher – destinati a fare i conti nel bene e nel male – con le capacità della propria mente anche dove – e per esempio in Fight Club – il corpo sembrerebbe prevalere.
D’altronde è per primo il regista a chiedersi la ragione ultima che muove il comportamento dei suoi protagonisti, come attesta la doppia sequenza che vede il personaggio di Ben Affleck nel già citato Gone Girl domandarsi, con chiara apprensione quale sia l’autentica matrice dei pensieri che abita la mente della sua sfuggente consorte interpretata da Rosamund Pike.
Ambiguità
Valga per tutte la conclusione del film in cui il personaggio di Gary Oldman denuncia la menzogna dei meccanismi del cinema che riconosco a Welles la condivisione di un riconoscimento (alla migliore sceneggiatura) non meritato avallandone l’inganno in nome della magia della settima arte.
Peraltro tutto il cinema di David Fincher fa dell’ambiguità uno dei suoi tratti principali, quello destinato dapprima ad alimentarne la narrazione e poi a legittimarie gli esiti con sequenze finali come quella di Mank che ne registrano la effettiva continuità.
Carlo Cerofolini
(pubblicata su taxidrivers.it)
venerdì 25 dicembre 2020
sabato 19 dicembre 2020
domenica 13 dicembre 2020
TEENAGE BOUNTY HUNTER
Teenage bounty hunters
di: AA.VV.
(da un’idea di Kathleen Jordan)
con: Maddie Phillips, Anjelica Bette Fellini, Kadeem Hardison, Virginia Williams, Mackenzie Astin, Devon Hales, Spencer House, Shirley Rumierk, Myles Evans
Stag I
ep. I-X
[durata media: 49’ ep./ca.]
- USA 2020 -
Jessica [instr.]
— The Allman Brothers Band —
TFK