Campo lungo – Lezioni di piano (The piano, Jane Campion, 1993)
Su quella spiaggia c’è un pianoforte in una cassa, battuto dalle onde di marea. Infinite onde, come le onde sono. Sfumature viola, grigie, piene di soffi argentati.
Si è fatto scuro, i contrasti si spengono e gli azzurri del crepuscolo invadono il paesaggio.
Il grande ippocampo di sassi e conchiglie arrotola lo sguardo nella scena mentre la linea di passi di Ada la taglia in due come una scimitarra. Una linea dritta, solo sfrangiata dal passaggio della gonna sulla sabbia. Ada attraversa l’inquadratura, e segna la strada: subito ad essa si raccorda la traccia di piccole orme di Flora, che dal grande ippocampo di sassi curvano fino ad affiancarsi a quelle della madre: piccole, tonde, distanziate come i balzi di un sasso sull’acqua.
Nei pochi secondi prima che George si muova, paiono frangersi lunghe e innumerevoli onde, in un tempo sospeso, in una scelta solo apparente. Con una breve sezione di arco dall’ampio angolo, George ricalca la scia della gonna di Ada. Piano.
Non subito ho capito che in quella scena era racchiuso tutto il film, ma mentre lo intuivo, anche se non ero in grado di tradurlo a me stessa. Solo dopo anni ho raccolto le idee, conciliate, affiancate, legate ad altre, e le ho proiettate oltre. Ogni spettatore nella sua vita ha quella manciata di scene –pochi secondi- in cui racchiude interi film ai quali annoda ricordi, sentimenti, libri, emozioni non vissute in prima persona, memorie da replicante, unicorni di carta piegata. Sono strane ninnenanne, nostre, solo nostre, nel silenzio dei nostri pensieri fluttuanti.
Il campo lungo di Jane Campion è una di queste.
Ada attraversa il film e la sua vita stessa, solcando quella della figlia e di George, in modo profondo, tagliente, definitivo. Come un magnete attira i corpi degli altri, che non possono far altro che seguirla come satelliti docili, presi nell’orbita di una massa più grande. Il passaggio di Ada li annoda, le loro vite si interlacciano su una spiaggia pulita, in linee sottili, tre curve che si fondono in complesse equazioni matematiche che chiedono la felicità del cuore, per prima cosa.
In quel vaso c’è un garofano rosso. Un fiore solo mentre eravamo in attesa, ma ora un fiore con infiniti lati, molti petali, rosso, marrone, con sfumature viola, pieno di foglie argentate -un fiore unico a cui ogni occhio dà il suo contributo.
(Virginia Woolf, Le onde)
Lidia Zitara
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